LA BAITA DALLE BETULLE ROSSE. Ne è il primo e tanto meno l’ultimo di Michele Bortone. Delicatezza, sensibilità estro e passione, queste le tipiche caratteristiche di Michele Bortone, emigrato da Lacedonia a Lugano dal 1968. Attivo e creativo tra la comunità italiana del Ticino (e particolarmente di Lugano) ha dato vita all’Associazione Culturale Lacedonia ideando un premio internazionale di poesia, narrativa, pittura e musica, (FRANCESCO DE SANCTIS.)
LA BAITA: UNA STORIA DEL SUD. La storia a cui Bortone assicura tutto il suo impegno è ambientata in un villaggio campestre dove resta tipico lo stile di vita degli anni ’50 del secolo scorso, anni – egli sottolinea della nostra infanzia e adolescenza. Molti – e fortemente rappresentativi delle terre del sud – i protagonisti della storia: Claudio, Don Vincenzo, Antonio, Serena, la signora Anderson. L’autore li ha rapidamente ben delineati: contadini che annotano una tipica diffidenza verso il forestiero che – una volta conosciutane la lealtà – può creare amicizia che sviluppa quella ospitalità spontanea, semplice sincera, tipica della cultura contadina delle genti di montagna. E nasce così quella ospitalità che si concretizza in orecchiette fumanti, prosciutto, salsicce ed un buon autentico vino.
Ciò non toglie però che paure, credenze, superstizioni siano presenti nell’incontro collettivo di quella gente incidendo in modo decisivo sul carattere delle persone. I ragazzi forse sono cresciuti troppo in fretta, però restano ancora spontanei e genuini e – come ai tempi di noi adulti – si divertono ancora col cerchio delle botti, o con la palla di pezza per le strade polverose.
Don Vincenzo – il parroco – spesso è un personaggio alla Don Camillo di Guareschi, ma autentico prete di tanti paesi del sud. Il libro – oltre che per la storia che narra – presenta un linguaggio semplice, genuino, talvolta di vena poetica ed inventiva originale. Frutto della fantasia di Bortone, la storia ti porta avanti con piacevolezza e rapidità. E senza che tu l’attendi il finale é a sorpresa.